GEROLAMO FAZZINI
ROMA
Nella vicenda della Chiesa cattolica cambogiana, risorta dalle macerie dopo la
tragica pagina dei Khmer rossi (1975-1979), la morte di monsignor Émile
Destombes, avvenuta l’altro ieri - oggi i solenni funerali a Pnhom Penh - è
destinata a diventare una data storica.
Missionario francese dei Mep, monsignor Destombes, deceduto per malattia
all’età di 80 anni, è, infatti, uno dei protagonisti della rinascita della
Chiesa cattolica cambogiana, che oggi conta circa 20-25mila fedeli su oltre 13
milioni di abitanti: è stato vicario apostolico di Phnom Penh dal 2001 al 2010,
oltre che, in precedenza, responsabile della Caritas locale. Di più: Destombes
è un’icona di quel cammino di morte e resurrezione patito dai cattolici
cambogiani a cavallo degli anni Settanta. Nel 1970 i battezzati erano circa
65mila su 8 milioni di abitanti, dieci anni dopo erano ridotti a poche migliaia
e completamente dispersi in tutto il territorio.
Il missionario francese, al pari dei suoi connazionali e di tutti gli
stranieri, venne espulso dai Khmer rossi nel 1975. Ma fu proprio lui il primo
sacerdote a rientrare nel Paese alla fine degli anni Ottanta. Di lì a poco,
avuto l’ok alla riapertura di una chiesa, il 14 aprile 1990, giorno di Pasqua,
padre Destombes poté celebrare la prima Messa pubblica dopo tanti anni.
«Quell’evento vide riuniti circa tremila fedeli – ha raccontato all’agenzia Eglise d’Asie padre Vincent
Sénéchal, anch’egli missionario Mep in Cambogia -. È restata nella memoria
della Chiesa della Cambogia come la Messa della Resurrezione».
La morte ha colto Destombes, dopo che da anni era colpito da una malattia
degenerativa, nella sua residenza in riva al Mekong, dove viveva con Prakot,
sorella di un vescovo cambogiano, Joseph Salas, morto martire nel 1977 e del
quale è stato da poco aperto il processo di beatificazione.
Nato nel 1935 in Francia, Destombes era stato ordinato sacerdote nel 1961,
nelle file dei Missions Etrangères de Paris (Mep).
Nel 1965 era partito per la Cambogia dove, negli anni successivi, svolse
diversi incarichi: docente di filosofia al seminario minore di Phnom Penh e direttore
di un ostello per studenti, sempre in capitale. Dal 1970 al 1975 padre
Destombes lavorò come direttore del Comitato di aiuto per le vittime della
guerra, fondato dal confratello Yves Ramousse, fino all’espulsione definitiva
dalla Cambogia. Rientrato a Parigi, insegnò teologia ai seminaristi del Mep e
lavorò per “Echange France-Asie”, realtà missionaria incaricata di far
conoscere l’Asia e le sue Chiese ai francesi.
Riuscì a tornare a Bangkok, in Thailandia - dove riprese contatti con i
rifugiati cambogiani - solo nel 1989, dopo la ritirata dei vietnamiti dalla
Cambogia, e dopo aver trascorso 10 anni come missionario in Brasile. All’inizio
del 1990 Destombes cominciò a rimettere piede in Cambogia, in qualità di
rappresentate di Caritas internationalis. Per un intero anno fu il solo
sacerdote straniero a vivere in Cambogia. Nel corso degli anni ha lavorato per
la ricostruzione della comunità cristiana cambogiana. In quel periodo Destombes
fu molto attivo anche nel supportare le nuove presenze missionarie dall’estero,
fra cui il Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e le Missionarie della
Carità di Madre Teresa, che sbarcarono in Cambogia sul finire del 1990.
Padre Toni Vendramin, pioniere della missione cambogiana del Pime, ricorda bene
quel periodo: «Per parecchio tempo la Messa veniva celebrata la domenica nella
residenza di padre Émile, ufficialmente rappresentante in Cambogia della
Caritas Internationalis». Nell’estate 1991 padre Toni si trasferì alla Caritas,
ospite di proprio di Destombes. «In mancanza d’altre strutture ecclesiali, la
Caritas è il centro della comunità cristiana», annotava nel suo diario, ripreso
in “Missione Cambogia. I primi 25 anni del Pime nella terra dei Khmer” (Emi
2015), curato da chi scrive.
Dalle memorie di padre Vendramin emerge chiaramente l’impegno deciso
dell’allora padre Destombes per costituire una Chiesa autenticamente Khmer:
«Nonostante la relativa libertà, siamo ancora in uno Stato comunista e gli
stranieri, per andare fuori più di 20 chilometri dalla capitale, devono
chiedere il permesso al Ministero degli Esteri – si legge in “Missione
Cambogia” - . I cristiani khmer sono circa tremila, quelli conosciuti, di cui
circa mille a Phnom Penh, il resto sparsi in centri dove non si può andare
senza permesso, molto difficile da ottenere. Di loro si prende cura padre
Destombes. Ci sono anche diverse comunità di cattolici vietnamiti, per un
totale di 10-20 mila persone: di essi si prendono cura due missionari di
Maryknoll. Il vescovo Ramousse e padre Émile vogliono dare la precedenza
assoluta ai khmer per fare una Chiesa khmer, dato che in precedenza i
vietnamiti erano la stragrande maggioranza e dominavano pesantemente la Chiesa,
che per questo era considerata straniera. I Maryknoll sostengono che i
cristiani vietnamiti non solo non devono essere trascurati, ma anche che
potrebbero diventare il nerbo della Chiesa cambogiana».
Tornando alla biografia di Destombes, nel 1997 egli fu nominato vescovo
coadiutore di Phnom Penh e, dopo le dimissioni di mons. Ramousse nel 2000, diventò
vicario apostolico della capitale, che guidò dal 2001 al 2010, quando consegnò
il testimone al giovane vescovo, anch’egli un Mep francese mons. Olivier
Schmitthaeusler, tuttora in carica.