Studi Indocinesi

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domenica 10 marzo 2019

L’accoglienza italiana ai boat people vietnamiti, 40 anni fa: una lezione di civiltà per il nostro tempo.


Di navi, sbarchi e approdi.

L’accoglienza italiana ai boat people vietnamiti, quarant'anni fa: una lezione di civiltà per il nostro tempo.



Giovedì 21 febbraio 2019 è stato presentato a Roma, presso il complesso del San Gallicano a Trastevere, il volume di Valerio De Cesaris Il grande sbarco. L’Italia e la scoperta dell’immigrazione (Guerini e Associati, Milano 2018) sull’arrivo in Italia, l’8 agosto 1991, di circa 18.000 albanesi, partiti da Durazzo a bordo della nave Vlora e, attraversato il canale di Otranto, giunti nel porto di Bari. La ricerca di De Cesaris, docente di Storia contemporanea all’Università per Stranieri di Perugia, percorre agilmente la vicenda approfondendo le ragioni di quell’esodo e di quello “sbarco”, le reazioni in Italia e le ripercussioni che l’evento provocò nell’opinione pubblica e nel mondo politico italiano di quegli anni. Un aspetto affrontato nel volume  è costituito dalla “scoperta” dell’immigrazione in Italia nel triennio 1989-1991, segnato dalla tragica morte a Villa Literno (Caserta) di Jerry Essan Masslo, giovane rifugiato sudafricano, il 24 agosto 1989: è a partire dall’impatto emotivo e mediatico generato da quell’evento che prenderà le mosse una riflessione politica sul fenomeno migratorio che condurrà nei giorni 4-6 giugno 1990 alla prima «Conferenza Nazionale dell’immigrazione» promossa dal vice presidente del Consiglio Claudio Martelli e alla legge che porta il suo nome.


Alla presentazione hanno preso parte in qualità di relatori Ferruccio Pastore, del «Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione», Alessandro Porro di «SOS Méditerranée» e Daniela Pompei, Docente in Scienze Sociali all’Università Roma Tre e responsabile della Comunità di Sant’Egidio per i servizi agli immigrati, rifugiati e Rom. Quest’ultima, protagonista fin dai primi anni ’80 dell’impegno a favore dei migranti e dei rifugiati in Italia, ha ricordato fra l’altro l’amicizia con Jerry E. Masslo, ospitato da Sant’Egidio dopo il suo arrivo all’aeroporto di Fiumicino ed accolto nella Scuola di lingua e cultura italiana diretta dalla Comunità nei locali annessi alla mensa per poveri in via Dandolo, nel quartiere romano di Trastevere. Chi scrive ebbe allora l’occasione di conoscere Jerry perché insegnante volontario in quella stessa scuola d’Italiano per stranieri e rifugiati, giunti in Italia perlopiù dall’Africa e dall’Asia.

Accanto al toccante intervento di Daniela Pompei, che ha fra l’altro ricostruito il ruolo giocato da Sant’Egidio anche nella vicenda dei profughi albanesi e rimarcato l’urgenza di scrivere la storia dell’immigrazione in Italia, Alessandro Porro ha ripercorso con meticolosità la vicenda della nave Aquarius, a partire dal salvataggio in mare di 629 migranti sino al rifiuto da parte delle autorità italiane e maltesi di fare attraccare la nave in un porto sicuro.

Due navi, la Vlora e l’Aquarius, accomunate dalla presenza a bordo di donne, uomini e bambini in cerca di un futuro migliore, che seppur a distanza di ventisette anni sono però, afferma De Cesaris, legate da un filo rosso, “quello di una questione immigrazione eternamente irrisolta, vissuta come un’emergenza, con toni sempre allarmistici” (Il grande sbarco, p. 22).

Proprio un paio di giorni prima, il 19 febbraio, si era conclusa la vicenda della votazione in seno alla Giunta per le elezioni e le immunità del Senato che ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere del tribunale di Catania contro il ministro Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti. Il ministro dell’Interno era indagato per i reati di sequestro persona aggravato ed abuso di potere, per aver impedito per cinque giorni, dal 20 al 25 agosto, ai 177 migranti (perlopiù eritrei e somali) a bordo del pattugliatore d’altura della Guardia costiera italiana U. Diciotti di scendere dalla nave, ancorata nel porto di Catania. La provenienza dei migranti dall’Eritrea e dalla Somalia li faceva rientrare a buon diritto nella categoria dei rifugiati bisognosi di protezione internazionale e nelle condizioni di richiedere l’asilo politico. Preceduta dalla consultazione degli iscritti alla piattaforma Rousseau del Movimento Cinque Stelle, la votazione della Giunta del Senato ha visto la richiesta di rinvio a giudizio del ministro dell’Interno respinta con 16 voti contrari e 6 a favore. La decisione della Giunta andrà ratificata o meno da un voto del Senato, che dovrà pronunciarsi entro un mese dalla votazione, entro il 24 marzo. L’esito sembra scontato.

 Altre navi: il soccorso italiano ai boat people vietnamiti.

Il 26 gennaio scorso è scomparso nella sua Varese, dov’era nato 85 anni prima, Giuseppe Zamberletti, considerato il “padre fondatore” della protezione civile italiana. Politico e parlamentare democristiano dal 1968, fu più volte sottosegretario all’Interno con delega alla sicurezza e alla protezione civile. Dopo aver gestito le emergenze dei terremoti in Friuli (1976) e in Irpinia (1980), fu nominato ministro per il Coordinamento della Protezione Civile sotto il secondo governo Spadolini, incarico che ricoprì nuovamente fra il 1984 e il 1987. In seguito all’emozione e al clamore mediatico suscitati dal mancato salvataggio del piccolo Alfredo Rampi, terrà a battesimo il nuovo Dipartimento della Protezione Civile, istituito il 22 giugno 1982.

La figura di Giuseppe Zamberletti resta altresì legata alla più grande operazione di salvataggio in mare mai operata dall’Italia. Nell’estate del 1979, infatti, su delega del Primo ministro Giulio Andreotti, Zamberletti si occupò del coordinamento delle operazioni di ricerca in mare e di salvataggio da parte della Marina militare italiana di 892 boat people vietnamiti, soccorsi nelle acque del Mar Cinese meridionale e condotti felicemente in salvo in Italia nell’agosto di quell’anno.

Chi erano i boat people? Il 30 aprile 1975 l’esercito nordvietnamita entra a Saigon, mentre gli ultimi americani fuggono dalla città. Il Vietnam del Sud viene annesso alla Repubblica socialista del Viet Nam, che il 2 luglio 1976 proclama la riunificazione del Paese. La conquista del Sud da parte dei Vietcong comunisti provocherà nel triennio 1975-1978 l’esodo di circa 2.000.000 di vietnamiti (di cui 600.000 sono cattolici), che fuggono via mare, spesso su piccole imbarcazioni o vere e proprie zattere. Vengono chiamati boat people, la “gente delle barche”. Molti di loro muoiono in mare a causa delle condizioni climatiche avverse e delle tempeste del Mar Cinese meridionale, o perché attaccati e saccheggiati dai pirati. Rifiutati dalle navi di passaggio o rigettati in mare aperto una volta giunti sulle coste della Malesia o della Thailandia, moltissimi non approderanno mai in nessun porto. È stato calcolato in mezzo milione il numero di coloro che hanno perso la loro vita in mare. Altri, soprattutto i primi ad esser fuggiti, saranno accolti nei campi profughi di Hong Kong, Malesia, Thailandia, Indonesia, Filippine, o in Nuova Guinea e Australia.


Nel dicembre 1978, nel tentativo di rispondere all’emergenza umanitaria nel Sud-Est asiatico, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) convoca a Ginevra i rappresentanti di trentacinque paesi e delle organizzazioni internazionali di assistenza: l’obiettivo è quello di suscitare una maggiore generosità nell’accoglienza ai profughi vietnamiti, ai quali si sono aggiunti molti cambogiani fuggiti a causa delle atrocità del regime dei Khmer Rossi (1975-1978) e in seguito alla “liberazione” della Cambogia da parte del Vietnam, iniziata proprio nel dicembre 1978 e culminata nella presa della capitale Phnom Penh, il 7 gennaio 1979. I risultati del summit ginevrino sono deludenti: vengono raccolti 17 miliardi di lire e garantita l’apertura delle frontiere, ma solamente per 5.000 profughi.

La Chiesa si mobilita in favore dei boat people. In Italia la CEI lancia un appello e la Caritas Italiana coordina le diverse iniziative di associazioni, parrocchie e gruppi di ispirazione cristiana. Diverse missioni sono compiute da delegati delle Caritas e di altre realtà cattoliche italiane nei campi profughi di Malesia e Thailandia. Nel giugno 1979 è Giovanni Paolo II a dare respiro mondiale agli appelli lanciati dai vescovi della Malesia, Paese che ha cominciato a rifiutare il soccorso nelle proprie acque territoriali e a rigettare i profughi al largo. Al termine dell’udienza di mercoledì 20 giugno, il papa rivolge un accorato appello alla solidarietà internazionale verso “il dramma che sta accadendo nelle terre e sui mari del sud-est asiatico, e [che] coinvolge centinaia di migliaia di nostri fratelli e sorelle”.


È in questo clima che prende forma la decisione da parte del Governo italiano di intraprendere una missione umanitaria nelle acque del Mar Cinese meridionale. Tre navi della Marina Militare, gli incrociatori Andrea Doria e Vittorio Veneto con la nave da rifornimento Stromboli partono nei giorni 4 e 5 luglio 1979 dai porti di La Spezia e Taranto alla volta di Singapore, dove fanno scalo, e del Golfo del Siam. “La più bella crociera della nostra Marina”, come ebbe a definirla l’allora ministro della Difesa, Attilio Ruffini, si conclude il 20 agosto con il salvataggio di 892 profughi fra uomini, donne e bambini.


A bordo dei due incrociatori salgono anche due sacerdoti vietnamiti, P. Filippo Tran Van Hoai e P. Domenico Vu Van Thien (mentre uno studente, Domenico Nguyen Hun Phuoc, si imbarca sulla nave appoggio Stromboli) per fare da interpreti e raccogliere le richieste dei profughi. Un messaggio viene preparato e rivolto alle imbarcazioni raggiunte:

«Le navi vicine a voi sono della Marina Militare dell’Italia e sono venute per aiutarvi. Se volete, potete imbarcarvi sulle navi italiane come rifugiati politici ed essere trasportati in Italia. Attenzione, le navi vi porteranno in Italia, ma non possono portarvi in altre nazioni e non possono rimorchiare le vostre barche. Se non volete imbarcarvi sulle navi italiane potete ricevere subito cibo, acqua e infine assistenza e medici. Dite cosa volete fare e di cosa avete bisogno».

Grazie alle frequenti ricognizioni degli elicotteri, vengono individuate alcune imbarcazioni alla deriva. Il 26 luglio una prima imbarcazione carica di profughi viene raggiunta al largo delle coste malesi. Altre barche sono segnalate nei pressi di una piattaforma petrolifera della Esso. In tutto fra il 26 ed il 31 luglio la Marina compie quattro salvataggi per un numero complessivo di 907 profughi soccorsi, fra cui diverse donne incinte e 125 bambini. Alcuni dei profughi, malati o incapaci di affrontare il viaggio di ritorno, saranno fatti sbarcare per cure a Singapore e raggiungeranno l’Italia nei mesi successivi.

Le tre navi giungono infine a Venezia verso le ore 10 del 20 agosto 1979. Ad attenderle c’è una grande folla di curiosi, giornalisti, autorità locali e nazionali. Fra queste, accanto all’on. Zamberletti, il patriarca di Venezia card. Marco Cé, allora vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, e il sindaco della città Mario Rigo.
L'arrivo a Venezia il 20 agosto 1979

Nei giorni e mesi successivi i profughi vietnamiti vengono accolti da comunità religiose, parrocchie o singole famiglie che si sono rese disponibili all’accoglienza. Diverse realtà e movimenti, fra cui il PIME, come numerosi ordini religiosi femminili e maschili offrono alloggio o impiego ai nuovi arrivati. Nuove missioni sono realizzate nei campi profughi di Malesia e Thailandia, come quello vastissimo di Khao I Dang, al confine con la Cambogia. Fra il 1978 e il 1980 più di 3.000 rifugiati vietnamiti, cambogiani e laotiani troveranno sul suolo italiano un “porto sicuro” ed un’assistenza premurosa grazie all’attività di accoglienza della Chiesa nelle sue diverse articolazioni. Alcuni di quei rifugiati, vietnamiti d’etnia khmer o cambogiani, giunsero nella seconda metà degli anni ’80 a Roma e studiarono la lingua italiana nella Scuola di lingua e cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio, trovando lavoro nei tanti ristoranti cinesi della Capitale.

Come si è detto, in questo 2019 ricorre il 40° della spedizione della Marina italiana nei mari del Sud-Est asiatico. Allora gli “interessi nazionali” spinsero il Governo italiano a cercare la “gente delle barche” fin nelle acque del Mar della Cina. È una vicenda di cui essere orgogliosi, in un clima politico e culturale, quello dei nostri giorni, che spinge tanti a ritenere necessario respingere in mare i boat people odierni, spesso in fuga da Paesi dittatoriali come l’Eritrea o l’Afghanistan o devastati dalla guerra e dal terrorismo come la Siria. Fino ad impedire loro di scendere da una nave italiana e di trovare approdo in un porto italiano, come nel caso della Diciotti.

Molti di quei profughi indocinesi di quaranta o trentacinque anni fa, divenuti rifugiati politici in Italia, si sono poi trasferiti in altri Paesi; altri hanno invece messo radici nel nostro Paese e si sono integrati nelle realtà produttive del Nord Italia. In alcuni casi hanno creato centri d’aggregazione sociale e religiosa, cristiana e buddhista. Hanno figli italiani. Hanno stretto amicizie e sono inseriti nel tessuto sociale di piccoli e grandi centri. È una bella storia, d’accoglienza e d’integrazione, che va raccontata. 

©Fabio Tosi 
(pubblicato parzialmente su www.notizieitalianews) 


































giovedì 11 ottobre 2018

Hanoi. Tutto il potere nelle mani di Nguyen Phu Trong.

Il Vietnam segue le orme della Cina, il leader del partito diventa presidente

di Maicol Mercuriali - Italia Oggi del 5 ottobre 2018.

Nguyen Phu Trong: tutto il potere è concentrato nelle sue mani. L'ala conservatrice del partito comunista del Vietnam continuerà a tenere in pugno il paese asiatico. Anzi, con una concentrazione di poteri che non si vedeva dai tempi di Ho Chi Minh, il predominio di questa linea politica è oggi ancor più evidente. Il segretario generale del partito, Nguyen Phu Trong, è stato designato dal comitato centrale come candidato unico per la presidenza. Manca solo l'approvazione dell'assemblea nazionale affinché Trong diventi il nuovo capo dello Stato dopo l'improvvisa morte di Tran Dai Quang. La leadership del Vietnam viene così incarnata in una nuova figura, quella del segretario-presidente, praticamente quello che succede nella Cina di Xi Jinping. Trong, 74 anni, è membro del partito comunista dal 1967 e dai primi impegni nelle pubblicazioni del Pcv ha scalato varie posizioni fino a diventare il numero uno del regime. Dal 2011 ricopre la carica di segretario ed è stato il primo leader del partito comunista del Vietnam ad andare negli Stati Uniti, quando nel 2015 è stato ricevuto alla Casa Bianca dall'ex presidente Usa Barack Obama. Non è chiaro se l'ascesa alla presidenza di Trong sarà una mossa temporanea o se saranno apportate le modifiche costituzionali necessarie per unire in modo permanente i due uffici. Il prossimo congresso del partito affronterà il tema. Il nuovo presidente del Vietnam si è fatto conoscere per la sua lotta alla corruzione: un'azione che, come ricorda l'Agenzia France Presse, ha portato dietro le sbarre dozzine di ex politici, banchieri, funzionari e dirigenti comunisti. Una pulizia, fuori e dentro al partito, che come sottolineano gli osservatori ha anche portato all'eliminazione di potenziali oppositori tra le file dei riformisti. Come capo di stato, Trong, oltre alle prerogative di segretario di partito, sarà il principale rappresentante del paese per gli affari interni ed esteri, sarà comandante in capo dell'esercito, avrà il diritto di nominare o destituire i ministri e potere di indirizzo sull'assemblea nazionale. «Trong sarà l'uomo più potente nella storia del Vietnam dopo Ho Chi Minh e Le Duan», ha spiegato all'Afp l'esperto di politica vietnamita Tran Vu Hai. «Con un tale potere può fare ciò che vuole». Rimane deluso chi si aspettava la nomina di una donna a nuovo presidente del Vietnam, dopo che la carica ad interim era stata affidata alla vicepresidente Dan Thi Ngoc Thinh, prima donna nella storia del paese ad assumere questo ruolo.

Cresce il ruolo di Papa Francesco in Asia

Cresce il ruolo di Papa Francesco in Asia


di Pierpaolo Albricci il Sussidiario.net

Se è vero che è già accaduto che pontefici abbiano visitato paesi governati da regimi dittatoriali (pensiamo al Cile di Pinochet o alla Polonia di Jaruzelski) è anche vero che è difficile immaginare un papa in visita in Corea del Nord, nazione dove i lager che rinchiudono e uccidono anche i cristiani sono una realtà di massa. «Papa Francesco è un papa talmente straordinario e imprevedibile che potrebbe sorprenderci anche con questa cosa, ma è altrettanto vero che i cinesi non accetterebbero mai che il papa visiti prima la Corea del Nord e dopo la Cina, paese che invece Bergoglio ha detto più volte di voler visitare» ci dice il celebre sinologo Francesco Sisci.
Domanda. Moon Jae-in, il presidente della Corea del Sud si recherà a giorni in Vaticano con un invito personale di Kim Jong-un a visitare la Corea del nord. Che significato ha questo invito così sorprendente? Una mossa puramente propagandistica?
Risposta. Credo che sia un'operazione di immagine, in ogni caso è una operazione per avere una buona immagine. Ricordiamo che anche il padre di Kim Jong-un invitò il papa in circostanze analoghe e ugualmente estemporanee.
D. Un invito del genere non corre il rischio di essere un bastone fra le ruote al dialogo in atto tra Vaticano e Cina?
R. Esattamente. Questo invito arriva come un'entrata a gamba tesa nella delicata questione tra Cina e Vaticano che hanno appena siglato un accordo. Sappiamo che il papa vorrebbe andare in Cina e l'anno prossimo andrà in Giappone. Questo invito è comunque una testimonianza importante di due cose.
D. Quali?
R. La prima che il Vaticano è ormai una presenza diplomatica forte in Asia, in qualche modo tutti i paesi cercano di tirarlo dalla propria parte, una cosa estremamente positiva. La seconda è che l'accordo tra Pechino e Santa Sede sta scuotendo tanti equilibri, è una lenta onda sismica che muove perfino Pyongyang.
D. Potrebbe mai il papa andare in un paese dove i cristiani e tanta gente muore rinchiusa in lager sanguinari?
R. Non sono nella testa del papa e soprattutto di questo papa che è così sorprendente. Del resto non dimentichiamo che Kim Jong-un ha incontrato Donald Trump e che Mike Pompeo è andato ad Hanoi. Se ci andasse anche il papa non sarebbe una cosa così folle. Non credo però che i cinesi sarebbe felici se Francesco andasse in Corea e non in Cina. Non sappiamo nemmeno quando le condizioni per un viaggio in Cina saranno possibili.
D. Importante è comunque anche la visita di Moon in Vaticano. Di cosa parlerà con il papa?
R. Da quanto si sa, anche se il Vaticano ufficialmente non ha avuto una parte palese nei negoziati con le due Coree ha comunque seguito con grande attenzione quello che accadeva. Questa è la testimonianza che il presidente offre alla Santa Sede per il suo ruolo positivo nello sciogliere i tanti problemi coreani.
D. Tra le due Coree, la Cina e l'occidente pare di assistere a un'accelerazione politica complessiva: chi la controlla? E con quali esiti?
R. Non credo davvero ci sia una cabina di regia, però quello che si sta creando è un circuito a volte virtuoso a volte vizioso di rapporti interconnessi sia tra Cina e Europa, sia con l'America che è la grande protagonista.
A volte virtuosi, come la questione nordcoreana, a volte difficili, come nel Mar Cinese meridionale dove a novembre ci saranno le manovre americane. Sarà un momento molto delicato di tutta la partita che si sta giocando, una partita in perenne movimento.

mercoledì 16 maggio 2018

Vietnam. Maggio: fiori, canti e danze dei cattolici in onore della Vergine

Vietnam: maggio, fiori, canti e danze dei cattolici in onore della Vergine

di Thanh Thuy

Mons. Joseph Châu Ngọc Tri, vescovo di Lạng Sơn e Cao Bằng: “Come fossero fiori, offriamo a Lei anche le nostre vite”. Cinque colori dei boccioli simboleggiano le grazie che i vietnamiti chiedono alla Madonna. Ad Ho Chi Minh City, migliaia di fedeli partecipano alla cerimonia organizzata dalle suore dell’Istituto San Tommaso.

Ho Chi Minh City (AsiaNews) – La devozione dei cattolici alla Madonna è molto profonda nel Paese. Durante il mese di maggio dedicato a Maria, essa si rafforza. In ogni parrocchia, fedeli di tutte le età partecipano numerosi alle cerimonie di “Dâng Hoa” (offerte floreali - foto) in onore della Madre di Gesù. Nelle chiese, gli altari della Vergine sono sempre ornati di boccioli profumati e incenso.

Tra essi vi è quello della parrocchia di Vũ Lễ, situata in un territorio remoto della diocesi di Lạng Sơn e Cao Bằng, in prossimità del confine con la Cina. In questi giorni, il vescovo locale si è recato in visita presso la comunità. Lo scorso 12 maggio mons. Joseph Châu Ngọc Tri ha presieduto una cerimonia di offerta e officiato una messa, durante i quali ha impartito il sacramento della confermazione a quattro giovani.

Durante le celebrazioni, il vescovo ha affermato: “Siamo qui riuniti oggi, in quest’atmosfera così commuovente, per offrire fiori belli e profumati a Maria Madre. Leviamo anche i nostri cuori, per esprimere il nostro amore e onorare la Madonna. Attraverso di Lei, veniamo a Gesù. Come fiori, offriamo anche le nostre vite con la Misericordia di Dio per compiacere Nostra Signora. Ho pregato affinché Dio ci aiuti a cambiare ed avere ogni giorno una vita religiosa migliore; maggior fervore nella vita di fede; forza nel proclamare la nostra fede e testimoniare a tutti l'amore di Gesù”.

L’Ufficio per le comunicazioni della diocesi racconta che “durante la cerimonia di offerte floreali, cinque gruppi della parrocchia hanno eseguito danze tradizionali, intonando il canto religioso ‘Dâng Hoa Năm Sắc’ (Il dono dei fiori dai cinque colori)”. Esso recita: “

Il sig. Truong Son, parrocchiano di Vườn Xoài (diocesi di Saigon), spiega ad AsiaNews: “Nel ‘Mese dei fiori’, i fedeli offrono canti, preghiere, danze e fiori rossi, simbolo di sacrificio; gialli, che rappresentano l’amore; bianchi, come la verginità; viola, che significano fedeltà; infine verdi, simbolo di speranza. Maria Madre pregherà il Signore di concederci queste grazie”.

Sempre il 12 maggio, ad Ho Chi Minh City le suore dell’Istituto San Tommaso hanno organizzato una cerimonia di offerta presso la chiesa dei padri redentoristi. Vi hanno preso parte migliaia di fedeli. Un insegnante di musica non cattolico dichiara: “Guardavo con attenzione le suore, che eseguivano danze tradizionali in armonia con canti sacri e fiori colorati. Questa manifestazione è una dimostrazione di rispetto, amore e gratitudine a Maria Madre. Sono molto commosso. In questa atmosfera vedo la santità e l'onestà dei cattolici vietnamiti”.

Alle parole dell’insegnante fanno eco quelle di uno studente universitario cattolico, che afferma: “Sono toccato dalla bellezza della melodia degli inni. L'armonia di questi canti sacri ben si sposa con le danze. In quest'atmosfera solenne, tutti sono qui per presentare bellissime rose alla Madonna. Questa iniziativa esprime l'amore della comunità verso di Lei”.

(Asia News 2018)

giovedì 8 febbraio 2018

Buddhisti non allineati. A processo una famiglia Hoa Hao

VIETNAM - A processo una famiglia buddhista Hoa Hao. Si era riunita per pregare.

Osservavano l'anniversario della morte di un amico. La polizia ha fermato i componenti della setta ed ha confiscato motociclette e documenti di registrazione. L’arresto avvenuto dopo due mesi per mano di funzionari e civili non identificati. Hanoi (AsiaNews/Rfa) – Si svolgerà domani presso il tribunale distrettuale di An Phu, nella provincia sudoccidentale di An Giang, il processo dei quattro membri di una famiglia appartenente alla setta buddista Hoa Hao, non riconosciuta dal governo. L’accusa è quella di “aver disturbato l’ordine pubblico” durante un duro confronto con le autorità, avvenuto l’anno scorso nella loro casa. Bui Van Trung, il figlio Bui Van Tham, la figlia Bui Bich Tuyen e la moglie Le Thi Hen sono stati anche accusati di “aver ostacolato gli agenti in servizio” nell'incidente del 19 aprile 2017, che ha visto la polizia picchiare i fedeli che si erano riuniti nell’abitazione per pregare. Il giorno precedente, la polizia stradale, accompagnata da uomini non identificati in abiti civili, aveva fermato i buddisti Hoa Hao che si recavano a casa della famiglia Bui per osservare l'anniversario della morte di un amico ed ha confiscato le loro motociclette e i documenti di registrazione. “Alcune persone sono andate ad incontrare le autorità per riprendersi le proprie moto e sono state attaccate e picchiate da teppisti accorsi sul posto”, racconta Bui Bich Tuyen. Due mesi dopo, il 26 giugno 2017, Trung e suo figlio Bui Van Tham sono stati arrestati da funzionari della sicurezza e civili non identificati mentre tornavano da una visita in un comune vicino, prosegue la giovane. “Sulla via del ritorno, centinaia di persone li hanno assaliti e portati via senza mostrare un mandato per il loro arresto”, afferma. “Più tardi, mia madre Li Thi Hen ed io siamo stati convocate dalla polizia locale. Quando sono arrivata mi hanno consegnato un ordine governativo contenente l'accusa. Mia madre era malata, così le hanno portato il suo a casa”. Bui Van Trung e Nguyen Hoang Nam sono ora detenuti nel centro di detenzione del distretto di An Phu, mentre Tuyen e sua madre Le Thi Hen sono libere in attesa del processo. I buddisti Hoa Hao nella provincia di An Giang non obbediscono al Comitato della Chiesa Hoa Hao, approvato dal governo di Hanoi. La setta ha circa due milioni di seguaci in tutto il Paese, ma le autorità impongono severi controlli sui gruppi dissidenti che non seguono il ramo ufficiale. I gruppi per i diritti umani sostengono che le autorità di An Giang sono solite perseguitare i seguaci dei gruppi non approvati, proibendo la lettura pubblica degli scritti del fondatore della setta e scoraggiando i fedeli adoratori dal visitare le pagode.
(08/02/2018 Asia News)

mercoledì 17 gennaio 2018

Nghệ An, condanna per l’attivista cattolico Nguyen Van Oai

Nghệ An, confermata la condanna per l’attivista cattolico Nguyen Van Oai

Egli è membro del movimento democratico fuorilegge Viet Tan e cofondatore dell'Associazione degli ex prigionieri di coscienza. Faceva parte di un gruppo di 14 giovani cattolici e protestanti arrestati dal regime nel 2011. Lo scorso gennaio è stato aggredito e arrestato con l’accusa di aver violato i termini della condanna.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) – Un tribunale della provincia centro-settentrionale di Nghệ An conferma la pena detentiva per il blogger cattolico Nguyen Van Oai (foto), respingendo il suo appello e riportandolo in prigione. Lo scorso 18 settembre, il tribunale del popolo di Hoàng Mai ha condannato l’attivista ed ex prigioniero politico a cinque anni di carcere e quattro di arresti domiciliari per “resistenza a pubblico ufficiale” e “violazione della libertà vigilata”. Il 19 gennaio 2017, poliziotti in borghese avevano aggredito e arrestato l’attivista, per poi accusarlo di aver resistito e violato i termini dell’obbligo di residenza, disposto nel 2015 dopo aver scontato una precedente condanna per attività pro-democrazia.

Nguyen Van Oai, 36 anni, è membro del movimento democratico fuorilegge Viet Tan e cofondatore dell'Associazione degli ex prigionieri di coscienza cattolici. Egli faceva parte di un gruppo di 14 giovani cattolici e protestanti arrestati dal regime nel 2011 durante una serie di raid contro attivisti pro-diritti umani legati a gruppi ed organizzazioni religiose, movimenti ambientalisti e patrioti anti-cinesi. Assieme al famoso blogger cattolico Paulus Le Van Son, nel 2013 l’attivista è stato condannato a una pena di quattro anni di prigione e di altri quattro di libertà vigilata, per aver cercato di “rovesciare il governo legittimo”.

Nonostante la condanna, egli ha continuato a svolgere attività per la tutela dei diritti umani, denunciando le ingiustizie delle autorità locali e guidando le proteste contro i pesanti abusi nella riscossione delle imposte ed i conseguenti indebitamenti della popolazione. Inoltre, l’attivista ha sostenuto i cittadini delle province centrali del Vietnam a lottare per il risarcimento dei danni causati dalla Formosa Steel Company, compagnia responsabile del più grave disastro ecologico della storia del Paese.

Fonti locali riferiscono che poliziotti in borghese e teppisti hanno aggredito i sostenitori di Oai fuori dal tribunale, strappando loro di mano i telefoni ed alcuni striscioni che chiedevano il suo rilascio. (Asia News 17 gennaio 2018)

martedì 9 gennaio 2018

Dighe cinesi sul Mekong: niente pesci, comunità in ginocchio

CAMBOGIA-CINA

Lungo quasi 4.800 km, è la più grande riserva di pesca nell'entroterra e secondo solo all'Amazzonia per biodiversità. Circa 60 milioni di persone dipendono dal fiume. Costruite da Pechino sei barriere nel tratto superiore, altre 11 dighe sono in fase di progetto. Risentiti a valle gli effetti su ambiente ed economia. Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – Le comunità che dipendono dal Mekong denunciano la drastica diminuzione del pesce e accusano le dighe cinesi, infrastrutture che rafforzano il controllo fisico e diplomatico di Pechino sui vicini del sud-est asiatico. Il Primo ministro cinese, Li Keqiang, è atteso domani a Phnom Penh per guidare un nuovo vertice regionale che potrebbe plasmare il futuro del fiume. Lungo quasi 4.800 km, esso è la più grande riserva di pesca nell'entroterra del mondo ed è secondo solo all'Amazzonia quanto a biodiversità. Il Mekong è fonte di sostentamento per circa 60 milioni di persone che vivono negli insediamenti lungo il suo corso, che dagli altipiani tibetani attraversa Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam, prima riversarsi nel Mar Cinese meridionale. Tuttavia, più a nord, è la Cina che controlla i flussi delle acque del Mekong. Pechino ha già conquistato il tratto superiore del fiume con sei dighe e sta investendo in più della metà delle 11 dighe pianificate più a sud. Le aziende hanno investito nell’impresa miliardi di dollari, ma finora non sono state in grado di effettuare valutazioni di impatto ambientale e sociale. Anche le imprese e le agenzie statali di Thailandia, Vietnam e Laos traggono vantaggio dai loro investimenti nei progetti idroelettrici. Interrompendo le migrazioni ed il flusso di nutrienti e sedimenti chiave per i pesci, i gruppi ambientalisti avvertono che le barriere rappresentano una grave minaccia per l’habitat naturale e per le comunità locali. Alcune di esse sono già state costrette ad abbandonare le proprie terre per consentire la costruzione delle dighe e molte altre sono a rischio di spostamento forzato a causa delle alluvioni. Con il controllo sulle sorgenti del fiume – note come Lancang – Pechino può arginare a monte la sua sezione del fiume, mentre gli impatti si fanno sentire a valle. Le autorità cinesi possono anche modulare i livelli delle acque, potente moneta di scambio mostrata nel 2016 quando la Cina ha aperto dighe sul suo suolo per aiutare il Vietnam a mitigare una grave siccità. La superpotenza regionale sta ora affermando la sua autorità attraverso il nascente forum della Cooperazione del Lancang-Mekong (Lmc), mentre compensa i suoi vicini del sud-est asiatico con investimenti e prestiti agevolati. All’incontro, che avrà luogo questa settimana in Cambogia, prenderanno parte i leader di tutti e sei i Paesi attraversati dal Mekong. Il ministero degli Esteri di Pechino pubblicizza il forum, che tratta anche questioni di sicurezza e commercio, come un modo per promuovere “prosperità economica, progresso sociale e un ambiente bellissimo”.
(Asia News, 9 gennaio 2018).

lunedì 11 settembre 2017

Un viaggio in Vietnam di tanti anni fa: una visita a Mỹ Sơn nel dicembre 1994

Fra gli ultimi giorni del dicembre 1994 e la prima metà del gennaio 1995 mi sono recato per la prima volta in Vietnam. Partii, in qualità di "accompagnatore culturale", con un gruppo di viaggiatori italiani riuniti dall'Associazione "Viaggi di Cultura" di Bologna, animata da quella figura di intellettuale curioso, esperto di storia della Cina e dell'Asia orientale e manager intraprendente che è Stefano Cammelli.


© Fabio Tosi 1994

Arrivati a Saigon, risalimmo il Paese con un piccolo pullman fino ad Hanoi: dopo alcuni giorni il gruppo di viaggiatori italiani ripartì mentre io mi fermai ancora una decina di giorni nella capitale vietnamita. Ma questa è un'altra storia che racconterò in un altro post.


Il viaggio fu compiuto con un pulmino lungo la Route Nationale 1A o Quốc lộ 1A, la grande arteria che collega tutto il Paese dalla frontiera con la Cina (provincia di Lang Son) a Nord fino all'estremo Sud, nella provincia di Ca Mau.


Circa a metà strada, nel Vietnam centrale, dopo aver visitato Huế, l'antica capitale dell'impero Nguyen, raggiungemmo in motocicletta il complesso monumentale di Mỹ Sơn, nella provincia di Quang Nam, capitale del regno Champa dal IV al XIII secolo e caratterizzato da numerose "torri-santuario" in laterizio immerse nel verde della foresta tropicale. Il regno Champa era esteso sulle regioni costiere del Vietnam cento-meridionale. La cultura religiosa e spirituale dei Cham aveva le sue radici nell'induismo. 



© Fabio Tosi 1994
Mỹ Sơn è stato riconosciuto dall'Unesco "patrimonio dell'umanità" nel 1999. All'epoca a cui risalgono queste mie foto (dicembre 1994) il luogo era ancora di difficile accesso e scarsamente visitato da pochi turisti e viaggiatori. 

Qui di seguito la scheda presente nel sito ufficiale dell'Unesco, con ricca documentazione sul sito: 


http://whc.unesco.org/fr/list/949/


(http://whc.unesco.org/en/list/949/)





© Fabio Tosi 1994
© Fabio Tosi 1994



© Fabio Tosi 1994


© Fabio Tosi 1994


© Fabio Tosi 1994


© Fabio Tosi 1994


© Fabio Tosi 1994


© Fabio Tosi 1994


© Fabio Tosi 1994


venerdì 5 febbraio 2016

Giubileo, tempo favorevole per approfondire il dialogo interreligioso

Phnom Penh (Agenzia Fides) – Lasciarsi toccare dalla grazia di Dio per avere il cuore aperto al prossimo, in un dialogo franco e accogliente: è quanto chiede ai fedeli cambogiani Sua Ecc. Mons. Olivier Schmitthaeusler, Vicario apostolico di Phnom Penh, ricordando, in una nota inviata all’Agenzia Fides, che l’Anno Giubilare è un tempo favorevole per praticare e approfondire il dialogo interreligioso. Soprattutto a partire dal 50° anniversario dellla dichiarazione del Concilio Vaticano II “Nostra Aetate” che esorta al dialogo e alla collaborazione con i seguaci di altre religioni, riconoscendo e valorizzando quei valori morali e socioculturali presenti nei fedeli che professano un altro credo. Il tasto del dialogo interreligioso è particolarmente sensibile e importante nel contesto asiatico, dove i cristiani vivono, nella maggioranza dei paesi del continente, da minoranze.
Il Vicario apostolico ricorda poi un altro anniversario significativo, il 50° della Costituzione conciliare “Gaudium et Spes”, e rilancia ai cristiani in Cambogia “la sfida urgente di fare proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, soprattutto quelli che sono poveri o in qualsiasi modo soffrono”. I fedeli cambogiani, “uniti in Cristo, e guidati dallo Spirito Santo nel loro cammino verso il Regno, accolgano il Vangelo di Salvezza per se e per ogni uomo” auspica, indicando un “programma dell’Anno Santo”: “Espandere il proprio cuore e agire concretamente per il prossimo, in un cammino punteggiato dalle opere di misericordia spirituali e corporali”. (PA) (Agenzia Fides 28/1/2016)

sabato 21 novembre 2015

La Saigon dei francesi muore lentamente: un altro edificio storico sarà demolito a HCMC

Le autorità della città approvano la demolizione di un vecchio edificio francese al 606 di Tran Hung Dao (già Boulevard Galliéni)
In April 2015, Saigoneer reported that the authorities were considering an application to destroy the old mansion at 606 Trần Hưng Đạo in order to make way for a new tower block. It is understood that city leaders have now given this plan the green light and demolition is expected to commence very soon.
According to local historians, 606 Trần Hưng Đạo was once the site of an old Khmer pagoda, but by 1932 that structure had been demolished to make way for the current building, an elegant villa built for the state-franchised charity lottery company known as the Société pour l’Amélioration Morale, Intellectuelle et Physique des Indigènes de Cochinchine (SAMIPIC).
Set up by decree of the Governor of Cochinchina in October 1927 to administer a 600,000-piastre state lottery, SAMIPIC was run by a committee which “grouped together the elite of Annamite society” (Gazette Coloniale, 1936). It sold two-piastre lottery tickets to the public and then donated a substantial part of its income to charitable, health and educational causes in Cochinchina. It also “organized conferences, and every year offered a number of scholarships in France and in the colony to the most deserving students”.
SAMIPIC’s achievements included setting up the Maison des Associations Annamites in Saigon in 1929 and funding the construction of the “Maison Indochinoise” at the Cité Universitaire de Paris, which was inaugurated on March 22, 1930 by French President Gaston Doumergue and the young King Bảo Đại.
SAMIPIC was initially housed in a small villa at 76 Rue de Lagrandière (Lý Tự Trọng), but on February 16, 1933, La Croix newspaper reported the inauguration of its brand new headquarters at 96 Boulevard Galliéni (now 606 Trần Hưng Đạo). The building was later described as “superb”, with “magnificent decor” (Écho Annamite, September 6, 1941).
After the departure of the French in 1954, the villa was acquired by the American government and became home to the Military Assistance Advisory Group (MAAG), which coordinated the supply of military hardware, training and assistance to the French and subsequently to the Republic of Vietnam. Because of its high profile, the villa was one of three US installations in the city targeted by the National Liberation Front on October 22, 1957.
In February 1962, following the arrival of the first US Army aviation units, MAAG became part of the Military Assistance Command Vietnam (MACV), which was set up to provide a more integrated command structure with full responsibility for all US military activities and operations in Vietnam.
At first, MACV staff shared the villa at 606 Trần Hưng Đạo with their MAAG colleagues, but in May 1962 they were given separate accommodation on Pasteur Street. From that date until 1966, the villa at 606 Trần Hưng Đạo was known as “MACV II”. MAAG survived as a separate entity until May 1964, when its functions were fully integrated into MACV.
In 1966, following the transfer of all MACV operations to the new “Pentagon East” complex at Tân Sơn Nhất Air Base, the villa at 606 Trần Hưng Đạo was vacated by the Americans and became the headquarters of the Republic of Korea Forces Vietnam, which remained at the villa until the signing of the Paris Peace Accords in 1973.
Until recently the villa at 606 Trần Hưng Đạo was home to several local businesses.
Tim Doling
Da Saigooner.com (http://saigoneer.com/saigon-buildings/5619-officials-approve-demolition-of-french-mansion-at-606-tran-hung-dao)

Il 20 ottobre ricorre la Giornata della Donna Vietnamita: 15 fotografie per celebrarla

Il 20 ottobre ricorre la Giornata della Donna Vietnamita:15 fotografie per celebrarla

Today marks the 85th Vietnamese Women's Day. A nationally observed holiday since 1930, October 20 commemorates the day upon which the country's Women's Union was officially established and recognized by the Communist Party of Vietnam. 
Take a look at any chapter in Vietnam's history and women play a crucial role in the country's story, from Hai Ba Trung to Nguyen Thi Minh Khai to Vo Thi Sau.
Today, Vietnamese women continue to hold a significant place in local society and are often the ones who make the country's many small, family-owned businesses run.
Below is a collection photos celebrating the women of Vietnam.













Da: http://saigoneer.com/saigon-culture/5506-photos-15-old-photos-to-celebrate-vietnamese-women-s-day

Vietnam Hosts Buddhist Conference to Discuss Development in the Mekong Region | Buddhistdoor

Vietnam Hosts Buddhist Conference to Discuss Development in the Mekong Region | Buddhistdoor

martedì 23 giugno 2015

Aventure en Indochine (1946-1954) - Fr3 Documentaire 2015

L'histoire de la présence française en Extrême-Orient entre 1930 et 1950 à travers les destins de «petits blancs» partis y chercher l'aventure.

Diffusé sur France 3 le jeudi 28 mai 2015 à 23:40 - Durée : 1 h 30

Au lendemain de la Seconde Guerre mondiale, dans une Indochine pourtant marquée par des années de guerre et la montée de la contestation, des «petits blancs» vivent et travaillent, dans les banques ou encore les entreprises. Le documentaire part sur les traces de Jean, un jeune aventurier qui part tenter sa chance en Indochine en 1945. Sur sa route, il croise des hommes et des femmes qui constituent, comme lui, le ferment de la présence française en Indochine. Le récit des vies de ces grandes familles expatriées, et de ces marins, médecins, institutrices et autres soldats, permet de découvrir l'Indochine des années 20, 30 et 40.

mercoledì 17 giugno 2015

L’Eglise du Cambodge ouvre le procès en béatification de 35 martyrs morts sous Pol Pot

L’Eglise du Cambodge ouvre le procès en béatification de 35 martyrs morts sous Pol Pot
Mgr. Salas e alcuni dei 35 martiri di Cambogia

Eglises d'Asie - Agence d'information des Missions Etrangères de Paris  


L’Eglise du Cambodge ouvre le procès en béatification de 35 martyrs morts sous Pol Pot


17/06/2015
Alors que le pape François vient de signer le décret ouvrant la voie à la béatification de 17 martyrs de l’Eglise du Laos, les responsables de l’Eglise catholique au Cambodge lancent le processus qui devrait aboutir à la béatification de 35 martyrs, exécutés ou morts de faim et d’épuisement sous le régime de Pol Pot et des Khmers rouges, au pouvoir entre 1975 et 1979. Si la démarche aboutit, ce sera une première pour le Cambodge, pays qui, à ce jour, ne compte pas de bienheureux et de saints reconnus par l’Eglise.
Pour Mgr Olivier Schmitthaeusler, 44 ans, vicaire apostolique de Phnom Penh, et les évêques des deux autres circonscriptions ecclésiastiques du Cambodge, c’est l’aboutissement d’une démarche entreprise il y a quinze ans, lorsqu’en l’an 2000, en réponse à l’appel du pape Jean-Paul II de faire mémoire des martyrs et de tous ceux qui avaient souffert pour leur foi au cours du XXe siècle, un mémorial dédié aux martyrs du Cambodge avait été inauguré à Taing Kauk (Tang Kok), bourgade rurale chère au cœur de la petite communauté des chrétiens de ce pays.
Le site de Taing Kauk avait été choisi parce que c’est là qu’ont vécu sous le régime communiste des chrétiens de Phnom Penh, de Battambang et de Kompong Thom. C’est là que Mgr Joseph Chhmar Salas, le premier évêque cambodgien, a été déporté avec ses parents et proches et est mort de maladie et de faim en 1977, dans une pagode transformée en hôpital, à la lisière des trois diocèses de Phnom Penh, Battambang et Kompong Cham. C’est là que la croix pectorale de Mgr Salas avait été cachée sous un nid de poule avant d’être transportée à Phnom Penh en 1979 et transmise à Mgr Emile Destombes, coadjuteur de l’évêque de Phnom Penh, lors de son ordination épiscopale en 1997.
C’est donc à Taing Kauk que le vicaire apostolique de Phnom Penh, aux côtés de Mgr Antonysamy Surairaj, préfet apostolique de Kompong Cham, et de Mgr Enrique Figaredo, préfet apostolique de Battambang, se sont rendus le 1er mai dernier pour ouvrir officiellement la phase diocésaine du procès en béatification de 35 martyrs. Mille quatre cents fidèles des trois diocèses de l’Eglise du Cambodge étaient réunis avec eux, signifiant par leur nombre l’importance que revêt pour eux cette démarche.
Eglises d’Asie, Mgr Schmitthaeusler explique que l’ouverture de la phase diocésaine du procès en béatification est en soi un aboutissement. « Pour une Eglise petite comme la nôtre et pauvre en moyens humains et matériels, un tel processus est complexe », précise-t-il, non sans ajouter que cela fait des années que, dans ce pays très jeune où la majorité de la population n’a pas connu le régime khmer rouge, le témoignage donné par les martyrs est transmis aux jeunes catéchumènes et aux jeunes baptisés.
Concrètement, c’est grâce au travail mené par Mgr Yves Ramousse, 87 ans, vicaire apostolique de Phnom Penh de 1962 à 1976 puis de 1992 à 2001, qu’une liste de 35 noms a pu être établie. Outre Mgr Joseph Chhmar Salas (1937-1977), des prêtres – dont cinq pères des Missions Etrangères de Paris –, des religieux et religieuses ainsi que des laïcs y figurent. Trois nationalités sont représentées : Cambodge, Vietnam et France.
L’actuel vicaire apostolique de Phnom Penh ajoute avoir envoyé un prêtre des Missions Etrangères de Thaïlande, en mission à Phnom Penh, étudier le droit canonique à Rome en 2012 ; ce missionnaire, le P. Paul Chatsirey Roeung, est le postulateur de la cause et suivra le dossier lorsque celui-ci sera transmis à la Congrégation pour les causes des saints, au Vatican.
Le 1er mai dernier, à Taing Kauk, Mgr Schmitthaeusler a expliqué aux catholiques rassemblés que toute cette démarche prendra très certainement des années avant d’aboutir, tant la compilation des documents relatifs aux 35 martyrs est difficile étant donné le contexte extrême où ils ont trouvé la mort. Mais il ne cache pas avoir été conforté par l’attention témoigné par le pape François envers cette cause. C’était lors des Journées asiatiques de la jeunesse en Corée du Sud ; le 15 août dernier, lors d’une rencontre avec la jeunesse catholique d’Asie, le pape avait explicitement encouragé l’Eglise du Cambodge à avancer dans cette cause et avait demandé au cardinal Angelo Amato, préfet de la Congrégation pour les causes des saints, de soutenir Mgr Schmitthaeusler dans ce travail.
A propos de ces martyrs, dans son homélie du 1er mai dernier, Mgr Schmitthaeusler déclarait : « En lisant (…) la liste de nos présumés martyrs, c’est le peuple de Dieu dans sa diversité que nous avons rencontrés. Pasteurs et serviteurs, évêques, prêtres, religieux et religieuses avec leurs frères et sœurs chrétiens ont donné ce qu’ils avaient de plus précieux : leur vie.
Pol Pot et les Khmers rouges ont pris leur biens, leur terre, leur métier, leurs églises, leurs écoles, leurs monastères. Mais pas leur vie éclairée par la foi et l’amour reçus le jour de leur baptême ! Oui, c’est ce peuple de vivant que nous célébrons aujourd’hui. C’est de ce peuple dont nous faisons partis. »
Dans une société à 95 % bouddhiste, la petite communauté catholique (autour de 22 000 fidèles) poursuit son chemin de renaissance après avoir été presque totalement anéantie par les persécutions des Khmers rouges et la guerre civile jusqu’en 1990.
(eda/ra)
Eglises d'Asie - Agence d'infomation de Missions Etrangères de Paris

martedì 16 giugno 2015

Militari cinesi attaccano pescherecci di Hanoi. Completate le basi di Pechino nel mar Cinese meridionale (Asia News)

VIETNAM - CINA
Militari cinesi attaccano pescherecci di Hanoi. Completate le basi di Pechino nel mar Cinese meridionale
A pochi giorni da un bilaterale Cina-Vietnam, navi militari di Pechino hanno attaccato con cannoni d’acqua e rapinato due pescherecci di Hanoi nelle isole Paracel. Due pescatori sono rimasti feriti. Il Ministro degli esteri cinese avverte che i lavori nelle isole contese “saranno conclusi a giorni”. 


Hanoi (AsiaNews/Agenzie) – Navi militari di Pechino sono tornate ad attaccare pescherecci provenienti dal Vietnam nei pressi delle isole Paracel, arcipelago conteso da entrambe le nazioni. Il 7 giugno scorso un’imbarcazione vietnamita è stata bersaglio di cannonate d’acqua da parte imbarcazioni cinesi. Negli scontri, due pescatori sono rimasti feriti. Bui Tan Doan, che ha riportato la frattura di una gamba, racconta all’agenzia Thanh Nien che il getto dei cannoni d’acqua è durato per due ore, inondando il peschereccio che ha rischiato di affondare.
Il 10 giugno si è verificato un secondo episodio, nel quale il capitano Nguyen Van Phu e dieci marinai sono stati rapinati da uomini della marina di Pechino. Quattro imbarcazioni cinesi hanno circondato il peschereccio, poi una dozzina di militari sono saliti a bordo iniziando a danneggiare la barca, distruggendo i walkie-talkie e le componenti elettroniche. Secondo un pescatore, “[i cinesi] ci hanno costretto a trasportare sulle loro navi tutto il pescato, che pesava circa 6 tonnellate”.
Non è la prima volta che la marina cinese tenta di scoraggiare pescatori stranieri nelle acque contese. Lo scorso aprile simili attacchi si sono verificati a danno di marinai filippini. Da tempo Hanoi e Manila contrastano con crescente vigore "l’imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale. Il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende le Spratly e le Paracel, isole contese da anche da Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia. Le isole Paracel sono state occupate per intero dai cinesi nel 1974, quando hanno allontanato le truppe rimanenti del sud Vietnam.
Gli attacchi hanno innalzato la tensione proprio a ridosso del bilaterale Cina-Vietnam che si terrà dal 17 al 19 giugno. Il vice Primo ministro vietnamita Pham Binh Minh e il Ministro degli esteri voleranno a Pechino per l’ottavo incontro della Commissione per la guida alla cooperazione bilaterale tra i due Paesi. Nell’ultimo summit, ad ottobre 2014, i due governi si erano impegnati a “controllare e gestire le loro divergenze marittime”.
Intanto oggi, il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha dichiarato che le infrastrutture che Pechino sta costruendo da mesi nelle acque contese, “nei prossimi giorni” saranno concluse. Secondo Wang, le basi costruite saranno utili per le ricerche e i soccorsi marittimi, la protezione ambientale e gli studi scientifici. Il capo del dicastero ha ribadito che le azioni di Pechino sono legali, giustificate e entro i propositi della sovranità cinese nell’area.

Il timore degli Stati del sud-est asiatico e degli Stati Uniti è che le isole artificiali cinesi possano essere utilizzate per scopi militari e per imporre il controllo di Pechino sulla navigazione nel Mar Cinese meridionale, area ricchissima di petrolio e gas naturale, con un volume di affari annuo superiore ai 5mila miliardi di dollari.

sabato 31 maggio 2014

La Cambogia vista con gli occhi di Tiziano Terzani. Inaugurata la mostra In Cambogia. Fotografie dell'Archivio Tiziano Terzani"

Viaggio in Cambogia con gli occhi di Tiziano Terzani


VENEZIA. Inaugurata in occasione della giornata di studi “Ricostruire la Cambogia dopo i Khmer Rossi. L’esperienza di vita e di lavoro di Onesta Carpenè”, negli spazi espositivi della Manica Lunga a Venezia, si visita fino al 2 giugno la mostra “In Cambogia. Fotografie dall’Archivio Tiziano Terzani”, a cura di Angela Terzani Staude e Giulia Martini. Comprende ventisei stampe fotografiche originali, una ventina di riproduzioni da negativi, provini autentici e documenti tra dattiloscritti ed estratti stampa dell’epoca. Il progetto nasce in circostanze particolari: grazie ad Angela Staude, vedova Terzani, è in fase di definizione la donazione dell’Archivio di Tiziano Terzani. La Fondazione ha già ricevuto la cospicua Biblioteca di interesse orientale, ricca di circa seimila volumi. L’Archivio è costituito da un’importante raccolta di materiali eterogenei, fondamentali per poter conoscere un mondo intensamente toccato dai grandi cambiamenti storici nel XX secolo. Vi sono tutti gli articoli, ritagliati, pubblicati in Der Spiegel, Repubblica, il Corriere della Sera, l’Espresso, il Giorno, il Messaggero e documenti di accompagno, foto, negativi, appunti, diari; corrispondenza professionale e personale; vecchie macchine da scrivere e fotografiche, carte geografiche, passaporti.
La selezione di immagini e documenti presentata all’interno della mostra riassume una parte di quanto prodotto da Terzani durante il viaggio in Cambogia del 1980. I reportage dalla Cambogia del giornalista fiorentino, che nel 1972 arriva a East of Aden come corrispondente di guerra per il settimanale tedesco Der Spiegel, coprono un arco di circa 25 anni, dall’inizio dei Settanta fino agli anni Novanta del secolo scorso. Questi documenti scandiscono tutti i capitoli della tragedia cambogiana: il colpo di stato contro Sihanouk, i bombardamenti americani, la guerra civile, i crimini di Pol Pot, la confusa e ingovernabile migrazione dei profughi, la liberazione vietnamita, il fallimento delle Nazioni Unite. Tra le varie occasioni in cui Terzani visita la Cambogia per realizzare i suoi dispacci, il viaggio del 1980, oggetto del lungo reportage “Sento ancora le urla nella notte” pubblicato da Der Spiegel nell’aprile dello stesso anno, è sicuramente il più significativo: un’esperienza drammatica, che lo spingerà più tardi a scrivere “quanto ci eravamo sbagliati”. Dopo aver riportato le prime testimonianze sulla tempesta polpottiana attraverso i racconti dei rifugiati che cercavano di passare il confine tra Cambogia e Thailandia, nel marzo del 1980 Terzani riesce finalmente a entrare nel paese, per vedere con i propri occhi “quel tanto di orrore” che solo la realtà riserva.
Tre settimane, 1500 chilometri percorsi e 19 province visitate. Quello che Terzani attraversa non è solo un paese sfigurato dalla guerra, che pure conserva sempre la grande vivacità respirata negli anni Settanta. Non sopravvivono che “i fantasmi” e “gli scheletri delle cose” rimasti dopo le distruzioni. Nelle fotografie emerge il racconto di una precisa e terribile testimonianza, già resa nota a parole e qui riproposta attraverso gli occhi e l’obbiettivo di Tiziano Terzani. “In Cambogia. Fotografie dall’Archivio Tiziano Terzani”Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore, Nuova Manica Lunga della Fondazione Cini. Orario: Lunedì - Venerdì: 9 - 16.30 per gli utenti delle Biblioteche della Fondazione Giorgio Cini. Sabato e Domenica: solo tramite il servizio di visite guidate della Fondazione Giorgio Cini.