Studi Indocinesi

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mercoledì 17 gennaio 2018

Nghệ An, condanna per l’attivista cattolico Nguyen Van Oai

Nghệ An, confermata la condanna per l’attivista cattolico Nguyen Van Oai

Egli è membro del movimento democratico fuorilegge Viet Tan e cofondatore dell'Associazione degli ex prigionieri di coscienza. Faceva parte di un gruppo di 14 giovani cattolici e protestanti arrestati dal regime nel 2011. Lo scorso gennaio è stato aggredito e arrestato con l’accusa di aver violato i termini della condanna.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) – Un tribunale della provincia centro-settentrionale di Nghệ An conferma la pena detentiva per il blogger cattolico Nguyen Van Oai (foto), respingendo il suo appello e riportandolo in prigione. Lo scorso 18 settembre, il tribunale del popolo di Hoàng Mai ha condannato l’attivista ed ex prigioniero politico a cinque anni di carcere e quattro di arresti domiciliari per “resistenza a pubblico ufficiale” e “violazione della libertà vigilata”. Il 19 gennaio 2017, poliziotti in borghese avevano aggredito e arrestato l’attivista, per poi accusarlo di aver resistito e violato i termini dell’obbligo di residenza, disposto nel 2015 dopo aver scontato una precedente condanna per attività pro-democrazia.

Nguyen Van Oai, 36 anni, è membro del movimento democratico fuorilegge Viet Tan e cofondatore dell'Associazione degli ex prigionieri di coscienza cattolici. Egli faceva parte di un gruppo di 14 giovani cattolici e protestanti arrestati dal regime nel 2011 durante una serie di raid contro attivisti pro-diritti umani legati a gruppi ed organizzazioni religiose, movimenti ambientalisti e patrioti anti-cinesi. Assieme al famoso blogger cattolico Paulus Le Van Son, nel 2013 l’attivista è stato condannato a una pena di quattro anni di prigione e di altri quattro di libertà vigilata, per aver cercato di “rovesciare il governo legittimo”.

Nonostante la condanna, egli ha continuato a svolgere attività per la tutela dei diritti umani, denunciando le ingiustizie delle autorità locali e guidando le proteste contro i pesanti abusi nella riscossione delle imposte ed i conseguenti indebitamenti della popolazione. Inoltre, l’attivista ha sostenuto i cittadini delle province centrali del Vietnam a lottare per il risarcimento dei danni causati dalla Formosa Steel Company, compagnia responsabile del più grave disastro ecologico della storia del Paese.

Fonti locali riferiscono che poliziotti in borghese e teppisti hanno aggredito i sostenitori di Oai fuori dal tribunale, strappando loro di mano i telefoni ed alcuni striscioni che chiedevano il suo rilascio. (Asia News 17 gennaio 2018)

martedì 9 gennaio 2018

Dighe cinesi sul Mekong: niente pesci, comunità in ginocchio

CAMBOGIA-CINA

Lungo quasi 4.800 km, è la più grande riserva di pesca nell'entroterra e secondo solo all'Amazzonia per biodiversità. Circa 60 milioni di persone dipendono dal fiume. Costruite da Pechino sei barriere nel tratto superiore, altre 11 dighe sono in fase di progetto. Risentiti a valle gli effetti su ambiente ed economia. Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) – Le comunità che dipendono dal Mekong denunciano la drastica diminuzione del pesce e accusano le dighe cinesi, infrastrutture che rafforzano il controllo fisico e diplomatico di Pechino sui vicini del sud-est asiatico. Il Primo ministro cinese, Li Keqiang, è atteso domani a Phnom Penh per guidare un nuovo vertice regionale che potrebbe plasmare il futuro del fiume. Lungo quasi 4.800 km, esso è la più grande riserva di pesca nell'entroterra del mondo ed è secondo solo all'Amazzonia quanto a biodiversità. Il Mekong è fonte di sostentamento per circa 60 milioni di persone che vivono negli insediamenti lungo il suo corso, che dagli altipiani tibetani attraversa Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam, prima riversarsi nel Mar Cinese meridionale. Tuttavia, più a nord, è la Cina che controlla i flussi delle acque del Mekong. Pechino ha già conquistato il tratto superiore del fiume con sei dighe e sta investendo in più della metà delle 11 dighe pianificate più a sud. Le aziende hanno investito nell’impresa miliardi di dollari, ma finora non sono state in grado di effettuare valutazioni di impatto ambientale e sociale. Anche le imprese e le agenzie statali di Thailandia, Vietnam e Laos traggono vantaggio dai loro investimenti nei progetti idroelettrici. Interrompendo le migrazioni ed il flusso di nutrienti e sedimenti chiave per i pesci, i gruppi ambientalisti avvertono che le barriere rappresentano una grave minaccia per l’habitat naturale e per le comunità locali. Alcune di esse sono già state costrette ad abbandonare le proprie terre per consentire la costruzione delle dighe e molte altre sono a rischio di spostamento forzato a causa delle alluvioni. Con il controllo sulle sorgenti del fiume – note come Lancang – Pechino può arginare a monte la sua sezione del fiume, mentre gli impatti si fanno sentire a valle. Le autorità cinesi possono anche modulare i livelli delle acque, potente moneta di scambio mostrata nel 2016 quando la Cina ha aperto dighe sul suo suolo per aiutare il Vietnam a mitigare una grave siccità. La superpotenza regionale sta ora affermando la sua autorità attraverso il nascente forum della Cooperazione del Lancang-Mekong (Lmc), mentre compensa i suoi vicini del sud-est asiatico con investimenti e prestiti agevolati. All’incontro, che avrà luogo questa settimana in Cambogia, prenderanno parte i leader di tutti e sei i Paesi attraversati dal Mekong. Il ministero degli Esteri di Pechino pubblicizza il forum, che tratta anche questioni di sicurezza e commercio, come un modo per promuovere “prosperità economica, progresso sociale e un ambiente bellissimo”.
(Asia News, 9 gennaio 2018).