Studi Indocinesi

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venerdì 5 febbraio 2016

Giubileo, tempo favorevole per approfondire il dialogo interreligioso

Phnom Penh (Agenzia Fides) – Lasciarsi toccare dalla grazia di Dio per avere il cuore aperto al prossimo, in un dialogo franco e accogliente: è quanto chiede ai fedeli cambogiani Sua Ecc. Mons. Olivier Schmitthaeusler, Vicario apostolico di Phnom Penh, ricordando, in una nota inviata all’Agenzia Fides, che l’Anno Giubilare è un tempo favorevole per praticare e approfondire il dialogo interreligioso. Soprattutto a partire dal 50° anniversario dellla dichiarazione del Concilio Vaticano II “Nostra Aetate” che esorta al dialogo e alla collaborazione con i seguaci di altre religioni, riconoscendo e valorizzando quei valori morali e socioculturali presenti nei fedeli che professano un altro credo. Il tasto del dialogo interreligioso è particolarmente sensibile e importante nel contesto asiatico, dove i cristiani vivono, nella maggioranza dei paesi del continente, da minoranze.
Il Vicario apostolico ricorda poi un altro anniversario significativo, il 50° della Costituzione conciliare “Gaudium et Spes”, e rilancia ai cristiani in Cambogia “la sfida urgente di fare proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, soprattutto quelli che sono poveri o in qualsiasi modo soffrono”. I fedeli cambogiani, “uniti in Cristo, e guidati dallo Spirito Santo nel loro cammino verso il Regno, accolgano il Vangelo di Salvezza per se e per ogni uomo” auspica, indicando un “programma dell’Anno Santo”: “Espandere il proprio cuore e agire concretamente per il prossimo, in un cammino punteggiato dalle opere di misericordia spirituali e corporali”. (PA) (Agenzia Fides 28/1/2016)

martedì 2 febbraio 2016

Mons Destombes, un protagonista della rinascita della Chiesa cambogiana (da: La Stampa, 30 gennaio 2016)

GEROLAMO FAZZINI
ROMA

Nella vicenda della Chiesa cattolica cambogiana, risorta dalle macerie dopo la tragica pagina dei Khmer rossi (1975-1979), la morte di monsignor Émile Destombes, avvenuta l’altro ieri - oggi i solenni funerali a Pnhom Penh - è destinata a diventare una data storica.
Missionario francese dei Mep, monsignor Destombes, deceduto per malattia all’età di 80 anni, è, infatti, uno dei protagonisti della rinascita della Chiesa cattolica cambogiana, che oggi conta circa 20-25mila fedeli su oltre 13 milioni di abitanti: è stato vicario apostolico di Phnom Penh dal 2001 al 2010, oltre che, in precedenza, responsabile della Caritas locale. Di più: Destombes è un’icona di quel cammino di morte e resurrezione patito dai cattolici cambogiani a cavallo degli anni Settanta. Nel 1970 i battezzati erano circa 65mila su 8 milioni di abitanti, dieci anni dopo erano ridotti a poche migliaia e completamente dispersi in tutto il territorio.
Il missionario francese, al pari dei suoi connazionali e di tutti gli stranieri, venne espulso dai Khmer rossi nel 1975. Ma fu proprio lui il primo sacerdote a rientrare nel Paese alla fine degli anni Ottanta. Di lì a poco, avuto l’ok alla riapertura di una chiesa, il 14 aprile 1990, giorno di Pasqua, padre Destombes poté celebrare la prima Messa pubblica dopo tanti anni. «Quell’evento vide riuniti circa tremila fedeli – ha raccontato all’agenzia Eglise d’Asie padre Vincent Sénéchal, anch’egli missionario Mep in Cambogia -. È restata nella memoria della Chiesa della Cambogia come la Messa della Resurrezione».
La morte ha colto Destombes, dopo che da anni era colpito da una malattia degenerativa, nella sua residenza in riva al Mekong, dove viveva con Prakot, sorella di un vescovo cambogiano, Joseph Salas, morto martire nel 1977 e del quale è stato da poco aperto il processo di beatificazione.

Nato nel 1935 in Francia, Destombes era stato ordinato sacerdote nel 1961, nelle file dei Missions Etrangères de Paris (Mep). Nel 1965 era partito per la Cambogia dove, negli anni successivi, svolse diversi incarichi: docente di filosofia al seminario minore di Phnom Penh e direttore di un ostello per studenti, sempre in capitale. Dal 1970 al 1975 padre Destombes lavorò come direttore del Comitato di aiuto per le vittime della guerra, fondato dal confratello Yves Ramousse, fino all’espulsione definitiva dalla Cambogia. Rientrato a Parigi, insegnò teologia ai seminaristi del Mep e lavorò per “Echange France-Asie”, realtà missionaria incaricata di far conoscere l’Asia e le sue Chiese ai francesi.
Riuscì a tornare a Bangkok, in Thailandia - dove riprese contatti con i rifugiati cambogiani - solo nel 1989, dopo la ritirata dei vietnamiti dalla Cambogia, e dopo aver trascorso 10 anni come missionario in Brasile. All’inizio del 1990 Destombes cominciò a rimettere piede in Cambogia, in qualità di rappresentate di Caritas internationalis. Per un intero anno fu il solo sacerdote straniero a vivere in Cambogia. Nel corso degli anni ha lavorato per la ricostruzione della comunità cristiana cambogiana. In quel periodo Destombes fu molto attivo anche nel supportare le nuove presenze missionarie dall’estero, fra cui il Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime) e le Missionarie della Carità di Madre Teresa, che sbarcarono in Cambogia sul finire del 1990.
Padre Toni Vendramin, pioniere della missione cambogiana del Pime, ricorda bene quel periodo: «Per parecchio tempo la Messa veniva celebrata la domenica nella residenza di padre Émile, ufficialmente rappresentante in Cambogia della Caritas Internationalis». Nell’estate 1991 padre Toni si trasferì alla Caritas, ospite di proprio di Destombes. «In mancanza d’altre strutture ecclesiali, la Caritas è il centro della comunità cristiana», annotava nel suo diario, ripreso in “Missione Cambogia. I primi 25 anni del Pime nella terra dei Khmer” (Emi 2015), curato da chi scrive.

Dalle memorie di padre Vendramin emerge chiaramente l’impegno deciso dell’allora padre Destombes per costituire una Chiesa autenticamente Khmer: «Nonostante la relativa libertà, siamo ancora in uno Stato comunista e gli stranieri, per andare fuori più di 20 chilometri dalla capitale, devono chiedere il permesso al Ministero degli Esteri – si legge in “Missione Cambogia” - . I cristiani khmer sono circa tremila, quelli conosciuti, di cui circa mille a Phnom Penh, il resto sparsi in centri dove non si può andare senza permesso, molto difficile da ottenere. Di loro si prende cura padre Destombes. Ci sono anche diverse comunità di cattolici vietnamiti, per un totale di 10-20 mila persone: di essi si prendono cura due missionari di Maryknoll. Il vescovo Ramousse e padre Émile vogliono dare la precedenza assoluta ai khmer per fare una Chiesa khmer, dato che in precedenza i vietnamiti erano la stragrande maggioranza e dominavano pesantemente la Chiesa, che per questo era considerata straniera. I Maryknoll sostengono che i cristiani vietnamiti non solo non devono essere trascurati, ma anche che potrebbero diventare il nerbo della Chiesa cambogiana».

Tornando alla biografia di Destombes, nel 1997 egli fu nominato vescovo coadiutore di Phnom Penh e, dopo le dimissioni di mons. Ramousse nel 2000, diventò vicario apostolico della capitale, che guidò dal 2001 al 2010, quando consegnò il testimone al giovane vescovo, anch’egli un Mep francese mons. Olivier Schmitthaeusler, tuttora in carica. 

mercoledì 17 giugno 2015

L’Eglise du Cambodge ouvre le procès en béatification de 35 martyrs morts sous Pol Pot

L’Eglise du Cambodge ouvre le procès en béatification de 35 martyrs morts sous Pol Pot
Mgr. Salas e alcuni dei 35 martiri di Cambogia

Eglises d'Asie - Agence d'information des Missions Etrangères de Paris  


L’Eglise du Cambodge ouvre le procès en béatification de 35 martyrs morts sous Pol Pot


17/06/2015
Alors que le pape François vient de signer le décret ouvrant la voie à la béatification de 17 martyrs de l’Eglise du Laos, les responsables de l’Eglise catholique au Cambodge lancent le processus qui devrait aboutir à la béatification de 35 martyrs, exécutés ou morts de faim et d’épuisement sous le régime de Pol Pot et des Khmers rouges, au pouvoir entre 1975 et 1979. Si la démarche aboutit, ce sera une première pour le Cambodge, pays qui, à ce jour, ne compte pas de bienheureux et de saints reconnus par l’Eglise.
Pour Mgr Olivier Schmitthaeusler, 44 ans, vicaire apostolique de Phnom Penh, et les évêques des deux autres circonscriptions ecclésiastiques du Cambodge, c’est l’aboutissement d’une démarche entreprise il y a quinze ans, lorsqu’en l’an 2000, en réponse à l’appel du pape Jean-Paul II de faire mémoire des martyrs et de tous ceux qui avaient souffert pour leur foi au cours du XXe siècle, un mémorial dédié aux martyrs du Cambodge avait été inauguré à Taing Kauk (Tang Kok), bourgade rurale chère au cœur de la petite communauté des chrétiens de ce pays.
Le site de Taing Kauk avait été choisi parce que c’est là qu’ont vécu sous le régime communiste des chrétiens de Phnom Penh, de Battambang et de Kompong Thom. C’est là que Mgr Joseph Chhmar Salas, le premier évêque cambodgien, a été déporté avec ses parents et proches et est mort de maladie et de faim en 1977, dans une pagode transformée en hôpital, à la lisière des trois diocèses de Phnom Penh, Battambang et Kompong Cham. C’est là que la croix pectorale de Mgr Salas avait été cachée sous un nid de poule avant d’être transportée à Phnom Penh en 1979 et transmise à Mgr Emile Destombes, coadjuteur de l’évêque de Phnom Penh, lors de son ordination épiscopale en 1997.
C’est donc à Taing Kauk que le vicaire apostolique de Phnom Penh, aux côtés de Mgr Antonysamy Surairaj, préfet apostolique de Kompong Cham, et de Mgr Enrique Figaredo, préfet apostolique de Battambang, se sont rendus le 1er mai dernier pour ouvrir officiellement la phase diocésaine du procès en béatification de 35 martyrs. Mille quatre cents fidèles des trois diocèses de l’Eglise du Cambodge étaient réunis avec eux, signifiant par leur nombre l’importance que revêt pour eux cette démarche.
Eglises d’Asie, Mgr Schmitthaeusler explique que l’ouverture de la phase diocésaine du procès en béatification est en soi un aboutissement. « Pour une Eglise petite comme la nôtre et pauvre en moyens humains et matériels, un tel processus est complexe », précise-t-il, non sans ajouter que cela fait des années que, dans ce pays très jeune où la majorité de la population n’a pas connu le régime khmer rouge, le témoignage donné par les martyrs est transmis aux jeunes catéchumènes et aux jeunes baptisés.
Concrètement, c’est grâce au travail mené par Mgr Yves Ramousse, 87 ans, vicaire apostolique de Phnom Penh de 1962 à 1976 puis de 1992 à 2001, qu’une liste de 35 noms a pu être établie. Outre Mgr Joseph Chhmar Salas (1937-1977), des prêtres – dont cinq pères des Missions Etrangères de Paris –, des religieux et religieuses ainsi que des laïcs y figurent. Trois nationalités sont représentées : Cambodge, Vietnam et France.
L’actuel vicaire apostolique de Phnom Penh ajoute avoir envoyé un prêtre des Missions Etrangères de Thaïlande, en mission à Phnom Penh, étudier le droit canonique à Rome en 2012 ; ce missionnaire, le P. Paul Chatsirey Roeung, est le postulateur de la cause et suivra le dossier lorsque celui-ci sera transmis à la Congrégation pour les causes des saints, au Vatican.
Le 1er mai dernier, à Taing Kauk, Mgr Schmitthaeusler a expliqué aux catholiques rassemblés que toute cette démarche prendra très certainement des années avant d’aboutir, tant la compilation des documents relatifs aux 35 martyrs est difficile étant donné le contexte extrême où ils ont trouvé la mort. Mais il ne cache pas avoir été conforté par l’attention témoigné par le pape François envers cette cause. C’était lors des Journées asiatiques de la jeunesse en Corée du Sud ; le 15 août dernier, lors d’une rencontre avec la jeunesse catholique d’Asie, le pape avait explicitement encouragé l’Eglise du Cambodge à avancer dans cette cause et avait demandé au cardinal Angelo Amato, préfet de la Congrégation pour les causes des saints, de soutenir Mgr Schmitthaeusler dans ce travail.
A propos de ces martyrs, dans son homélie du 1er mai dernier, Mgr Schmitthaeusler déclarait : « En lisant (…) la liste de nos présumés martyrs, c’est le peuple de Dieu dans sa diversité que nous avons rencontrés. Pasteurs et serviteurs, évêques, prêtres, religieux et religieuses avec leurs frères et sœurs chrétiens ont donné ce qu’ils avaient de plus précieux : leur vie.
Pol Pot et les Khmers rouges ont pris leur biens, leur terre, leur métier, leurs églises, leurs écoles, leurs monastères. Mais pas leur vie éclairée par la foi et l’amour reçus le jour de leur baptême ! Oui, c’est ce peuple de vivant que nous célébrons aujourd’hui. C’est de ce peuple dont nous faisons partis. »
Dans une société à 95 % bouddhiste, la petite communauté catholique (autour de 22 000 fidèles) poursuit son chemin de renaissance après avoir été presque totalement anéantie par les persécutions des Khmers rouges et la guerre civile jusqu’en 1990.
(eda/ra)
Eglises d'Asie - Agence d'infomation de Missions Etrangères de Paris

domenica 30 giugno 2013

Perché «Studi Indocinesi»

«Studi Indocinesi» nasce dalla mia passione per la storia e per le culture materiali e spirituali della Penisola indocinese: Birmania (Myanmar), Cambogia, Laos, Thailandia e Vietnam. A partire dall'autunno del 1986 (ormai venticinque anni fa!) e fino a tutto il 1992 ho insegnato la lingua italiana in una scuola per immigrati di Roma, la «Louis Massignon» della Comunità di Sant'Egidio. La mia prima classe fu la cosiddetta "Classe dei Cambogiani", un gruppetto di circa venti ragazzi e qualche adulto provenienti dai campi profughi thailandesi: solo uno di essi era propriamente khmer, mentre tutti gli altri erano vietnamiti ma di origine cambogiana, originari della Kampuchea Krom, cioè della regione del delta del Mekong, un tempo parte integrante dell'impero khmer. L'incontro con quei ragazzi, spesso miei coetanei, con le loro storie difficili e la loro
La "Classe dei Cambogiani" con Paola, autunno 1986
simpatia e voglia di riscatto accesero in me l'interesse per i Paesi da dove giungevano. Mi feci raccontare le loro storie, diventammo amici, mangiammo insieme e facemmo festa. Cercai qualcosa da leggere sulla Cambogia e il Vietnam e trovai due libri: la Storia del Viet Nam di Le Thanh Khoi (Einaudi 1979) e Cambogia anno zero di P. François Ponchaud (Sonzogno 1977). Di lì a poco arrivò il momento di scegliere l'argomento della tesi di Storia Moderna per laurearmi in Lettere alla Sapienza: decisi di condurre le mie ricerche sulla Cambogia dei secoli XVII-XIX, naturalmente concentrando la mia attenzione sulle fonti europee, francesi soprattutto. Da allora, come un fiume carsico che affiora qua e là, quando la mia pigrizia e inconcludenza lasciano aperto un varco sulla superficie della mia vita d'ogni giorno, quella mia passione riemerge e mi spinge a studiare ancora, a leggere, insieme al ricordo delle lezioni d'italiano durante le quali, come sempre succede, chi aveva di più da imparare ero proprio io.