Studi Indocinesi

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sabato 21 novembre 2015

La Saigon dei francesi muore lentamente: un altro edificio storico sarà demolito a HCMC

Le autorità della città approvano la demolizione di un vecchio edificio francese al 606 di Tran Hung Dao (già Boulevard Galliéni)
In April 2015, Saigoneer reported that the authorities were considering an application to destroy the old mansion at 606 Trần Hưng Đạo in order to make way for a new tower block. It is understood that city leaders have now given this plan the green light and demolition is expected to commence very soon.
According to local historians, 606 Trần Hưng Đạo was once the site of an old Khmer pagoda, but by 1932 that structure had been demolished to make way for the current building, an elegant villa built for the state-franchised charity lottery company known as the Société pour l’Amélioration Morale, Intellectuelle et Physique des Indigènes de Cochinchine (SAMIPIC).
Set up by decree of the Governor of Cochinchina in October 1927 to administer a 600,000-piastre state lottery, SAMIPIC was run by a committee which “grouped together the elite of Annamite society” (Gazette Coloniale, 1936). It sold two-piastre lottery tickets to the public and then donated a substantial part of its income to charitable, health and educational causes in Cochinchina. It also “organized conferences, and every year offered a number of scholarships in France and in the colony to the most deserving students”.
SAMIPIC’s achievements included setting up the Maison des Associations Annamites in Saigon in 1929 and funding the construction of the “Maison Indochinoise” at the Cité Universitaire de Paris, which was inaugurated on March 22, 1930 by French President Gaston Doumergue and the young King Bảo Đại.
SAMIPIC was initially housed in a small villa at 76 Rue de Lagrandière (Lý Tự Trọng), but on February 16, 1933, La Croix newspaper reported the inauguration of its brand new headquarters at 96 Boulevard Galliéni (now 606 Trần Hưng Đạo). The building was later described as “superb”, with “magnificent decor” (Écho Annamite, September 6, 1941).
After the departure of the French in 1954, the villa was acquired by the American government and became home to the Military Assistance Advisory Group (MAAG), which coordinated the supply of military hardware, training and assistance to the French and subsequently to the Republic of Vietnam. Because of its high profile, the villa was one of three US installations in the city targeted by the National Liberation Front on October 22, 1957.
In February 1962, following the arrival of the first US Army aviation units, MAAG became part of the Military Assistance Command Vietnam (MACV), which was set up to provide a more integrated command structure with full responsibility for all US military activities and operations in Vietnam.
At first, MACV staff shared the villa at 606 Trần Hưng Đạo with their MAAG colleagues, but in May 1962 they were given separate accommodation on Pasteur Street. From that date until 1966, the villa at 606 Trần Hưng Đạo was known as “MACV II”. MAAG survived as a separate entity until May 1964, when its functions were fully integrated into MACV.
In 1966, following the transfer of all MACV operations to the new “Pentagon East” complex at Tân Sơn Nhất Air Base, the villa at 606 Trần Hưng Đạo was vacated by the Americans and became the headquarters of the Republic of Korea Forces Vietnam, which remained at the villa until the signing of the Paris Peace Accords in 1973.
Until recently the villa at 606 Trần Hưng Đạo was home to several local businesses.
Tim Doling
Da Saigooner.com (http://saigoneer.com/saigon-buildings/5619-officials-approve-demolition-of-french-mansion-at-606-tran-hung-dao)

martedì 23 giugno 2015

Aventure en Indochine (1946-1954) - Fr3 Documentaire 2015

L'histoire de la présence française en Extrême-Orient entre 1930 et 1950 à travers les destins de «petits blancs» partis y chercher l'aventure.

Diffusé sur France 3 le jeudi 28 mai 2015 à 23:40 - Durée : 1 h 30

Au lendemain de la Seconde Guerre mondiale, dans une Indochine pourtant marquée par des années de guerre et la montée de la contestation, des «petits blancs» vivent et travaillent, dans les banques ou encore les entreprises. Le documentaire part sur les traces de Jean, un jeune aventurier qui part tenter sa chance en Indochine en 1945. Sur sa route, il croise des hommes et des femmes qui constituent, comme lui, le ferment de la présence française en Indochine. Le récit des vies de ces grandes familles expatriées, et de ces marins, médecins, institutrices et autres soldats, permet de découvrir l'Indochine des années 20, 30 et 40.

martedì 16 giugno 2015

Militari cinesi attaccano pescherecci di Hanoi. Completate le basi di Pechino nel mar Cinese meridionale (Asia News)

VIETNAM - CINA
Militari cinesi attaccano pescherecci di Hanoi. Completate le basi di Pechino nel mar Cinese meridionale
A pochi giorni da un bilaterale Cina-Vietnam, navi militari di Pechino hanno attaccato con cannoni d’acqua e rapinato due pescherecci di Hanoi nelle isole Paracel. Due pescatori sono rimasti feriti. Il Ministro degli esteri cinese avverte che i lavori nelle isole contese “saranno conclusi a giorni”. 


Hanoi (AsiaNews/Agenzie) – Navi militari di Pechino sono tornate ad attaccare pescherecci provenienti dal Vietnam nei pressi delle isole Paracel, arcipelago conteso da entrambe le nazioni. Il 7 giugno scorso un’imbarcazione vietnamita è stata bersaglio di cannonate d’acqua da parte imbarcazioni cinesi. Negli scontri, due pescatori sono rimasti feriti. Bui Tan Doan, che ha riportato la frattura di una gamba, racconta all’agenzia Thanh Nien che il getto dei cannoni d’acqua è durato per due ore, inondando il peschereccio che ha rischiato di affondare.
Il 10 giugno si è verificato un secondo episodio, nel quale il capitano Nguyen Van Phu e dieci marinai sono stati rapinati da uomini della marina di Pechino. Quattro imbarcazioni cinesi hanno circondato il peschereccio, poi una dozzina di militari sono saliti a bordo iniziando a danneggiare la barca, distruggendo i walkie-talkie e le componenti elettroniche. Secondo un pescatore, “[i cinesi] ci hanno costretto a trasportare sulle loro navi tutto il pescato, che pesava circa 6 tonnellate”.
Non è la prima volta che la marina cinese tenta di scoraggiare pescatori stranieri nelle acque contese. Lo scorso aprile simili attacchi si sono verificati a danno di marinai filippini. Da tempo Hanoi e Manila contrastano con crescente vigore "l’imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale. Il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende le Spratly e le Paracel, isole contese da anche da Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia. Le isole Paracel sono state occupate per intero dai cinesi nel 1974, quando hanno allontanato le truppe rimanenti del sud Vietnam.
Gli attacchi hanno innalzato la tensione proprio a ridosso del bilaterale Cina-Vietnam che si terrà dal 17 al 19 giugno. Il vice Primo ministro vietnamita Pham Binh Minh e il Ministro degli esteri voleranno a Pechino per l’ottavo incontro della Commissione per la guida alla cooperazione bilaterale tra i due Paesi. Nell’ultimo summit, ad ottobre 2014, i due governi si erano impegnati a “controllare e gestire le loro divergenze marittime”.
Intanto oggi, il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha dichiarato che le infrastrutture che Pechino sta costruendo da mesi nelle acque contese, “nei prossimi giorni” saranno concluse. Secondo Wang, le basi costruite saranno utili per le ricerche e i soccorsi marittimi, la protezione ambientale e gli studi scientifici. Il capo del dicastero ha ribadito che le azioni di Pechino sono legali, giustificate e entro i propositi della sovranità cinese nell’area.

Il timore degli Stati del sud-est asiatico e degli Stati Uniti è che le isole artificiali cinesi possano essere utilizzate per scopi militari e per imporre il controllo di Pechino sulla navigazione nel Mar Cinese meridionale, area ricchissima di petrolio e gas naturale, con un volume di affari annuo superiore ai 5mila miliardi di dollari.

venerdì 5 luglio 2013

La storia di Peuw: una finestra sulla Cambogia

Nel 1986 fu pubblicato da Einaudi in prima edizione italiana Les pierres crieront. Une enfance cambodgienne, 1975-1980, uscito due anni prima  a Parigi. Il racconto di Peuw bambina cambogiana (1975-1980) racconta le vicende tormentate di Peuw, una bambina di dodici anni e mezzo all'inizio della storia, scampata miracolosamente alla morte insieme ai suoi tre piccoli cugini durante gli anni della dittatura dei Khmer rossi, dall'evacuazione nell'aprile 1975 della capitale Phnom Penh all'arrivo in Francia, dove viene adottata da una coppia francese che le dà il nome di Molyda Szymusiak. Il volume fu "tradotto e presentato da Natalia Ginzburg", la quale scrisse nella prefazione al volume (pp. VIII-IX): "Ho amato e tradotto Il racconto di Peuw, bambina cambogiana, senza saper niente sulla Cambogia e chiedendomi perché, nel corso della mia vita, non avevo mai pensato alla Cambogia né avevo letto mai niente che si riferisse a questa terra", per poi concludere: "In verità le terre a cui non ho mai pensato sono innumerevoli, ma riguardo alla Cambogia ho provato, nell'accorgermi di non saperne assolutamente nulla, un senso di colpa e un senso di dispiacere". Appena mitigato dalla consapevolezza d'essere in buona compagnia ("interrogando molte persone intorno a me - prosegue Ginzburg - ho constatato che non molti erano quelli che conoscevano le vicende della Cambogia, in Italia"), il senso di colpa provato dalla scrittrice nasceva dal riconoscere come gli intellettuali di sinistra di allora avessero guardato alla rivoluzione dei Khmer rossi con entusiasmo e partecipazione, salvo poi chiudere gli occhi dinnanzi a ciò che stava realmente accadendo nel
Paese. Onestamente l'autrice di Lessico famigliare si chiedeva il perché del silenzio di coloro che in Europa sapevano cosa stesse realmente accadendo nel piccolo Paese indocinese, come del perché i racconti dei profughi cambogiani giunti in Thailandia non fossero creduti o fossero taciuti. Il dispiacere provato, infine, nasceva dalla partecipazione alle vicende raccontate da Peuw, nuova Anna Frank ma scampata come Primo Levi all'abisso in cui i quasi otto milioni di cambogiani furono scaraventati fra il 17 aprile 1975, giorno nel quale le truppe dei guerriglieri bambini di Pol Pot fecero il loro ingresso nella capitale, rovesciando il governo filoamericano del generale golpista Lon Nol, ed il 7 gennaio 1979, data che segna la liberazione di Phnom Penh da parte dell'esercito vietnamita. Nei tre anni e otto mesi intercorsi, nella "Kampuchea democratica" le città, simbolo di uno stile di vita corrotto, furono evacuate e la popolazione deportata nelle campagne: l'intento era quello di instaurare una sorta di comunismo rurale basato su tecniche agricole medievali. Le pagode vennero abbattute e le scuole chiuse, i monaci come gli intellettuali (insegnanti, medici, artisti, ma era sufficiente indossare un paio di occhiali per perdere la vita) sistematicamente eliminati. L'economia crollò e il riso venne a mancare, provocando nella popolazione lo scoppio di epidemie di colera e di malaria. Impiegati nei lavori forzati nelle campagne, decimati dalla fame e dalla malattia, oltreché vittime delle epurazioni dei Khmer rossi, circa 1.671.000 cambogiani morirono fra il 1975 e il 1978, vale a dire il 21% della popolazione stimata nell'aprile 1975, il cui numero si aggirava attorno alle 7.890.000 unità (Ben Kiernan, The Pol Pot Regime).
Nel dicembre del 1986 compivo 24 anni e gli studenti della "Classe dei Cambogiani" mi regalarono naturalmente una copia del "racconto di Peuw", che conservo gelosamente: una bella dedica sul frontespizio, scritta da Kosal, quasi mio coetaneo, dice: "Noi siamo conosciuti da più di due anni (mesi, in realtà) ma amicizia molto grande come il mondo e speriamo che l'amicizia sempre così e lungo per sempre". Attorno le firme degli studenti in almeno tre alfabeti. Non occorre sottolineare come la lettura del Racconto di Peuw, bambina cambogiana fu un'ulteriore rivelazione che provocò in me una grande simpatia per questo popolo sfortunato, vittima dei suoi aguzzini interni ma anche dell'indifferenza di comodo dell'Occidente, stretto fra ignoranza ed ipocrisia. La storia di Peuw contribuì a rompere quell'indifferenza, dando un volto di bambina alla lontana vicenda cambogiana.